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Amianto, la Cassazione dà l’ok al maxi risarcimento

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Hanno diritto a un maxi risarcimento i familiari di un lavoratore deceduto a seguito di malattie causate da esposizione ad amianto. Lo si evince da una sentenza con cui la sezione Lavoro della Cassazione ha esaminato il caso di un portuale morto nel 2003, di cui gli eredi avevano presentato un ricorso per ottenere che fosse dichiarata l'origine professionale della malattia e, dunque, il conseguente risarcimento dei danni.

Con la sentenza n. 17092 depositata lunedì 8 ottobre, la Suprema Corte ha confermato, nel caso in esame, la responsabilita' dell'Autorita' portuale di Venezia, ma ha disposto un nuovo processo per far si' che i familiari del lavoratore ottengano un risarcimento superiore a quello disposto dai giudici del merito, secondo i quali la somma da risarcire era pari a 19mila 800 euro.

Per i giudici di piazza Cavour, infatti, “in materia di risarcimento danni, in caso di lesione di un diritto fondamentale della persona la regola, secondo la quale il risarcimento deve ristorare interamente il danno subito, impone di tenere conto dell'insieme dei pregiudizi sofferti, ivi compresi quelli esistenziali”. La sentenza impugnata, pronunciata dalla Corte d'Appello di Venezia, invece, “in contrasto con tali principi – sottolineano gli alti giudici – ha quantificato il danno adottando un parametro rapportato esclusivamente alla durata della malattia, in tal modo non sufficientemente personalizzando il danno stesso, stante la mancanza di qualsiasi altra considerazione relativa alle condizioni personali e soggettive”.