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Fast and Furious

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L’ultimo atto della politica istituzionale italiana andato in scena in questi giorni ha offerto al grande pubblico uno spettacolo da cinema hollywoodiano, c’è chi l’ha chiamato Italian jobs, chi Gangs of Pd mentre assisteva ad una guerra per bande fatta esclusivamente per il potere nel più cieco disinteresse verso un paese stracotto e sfinito. Nel nostro piccolo ne proponiamo un terzo: Fast and furious.

Fin dall’infanzia ci è stato insegnato che ci sono due categorie dalle quali non possiamo prescindere: lo spazio ed il tempo.

La prima è facilmente archiviabile, con tutte le banalizzazioni del caso, nella fortezza Europa che se al suo esterno si presenta così (a lato) al suo interno si traduce nella famigerata Troika che non è organismo esclusivo riservato ai soli greci! Osservare il proliferare di colori nazionali (verde, bianco, rosso) che maculano immancabilmente simboli e cartelloni elettorali è chiaro sintomo dell’inconsapevole finzione alla quale partecipiamo. Apparteniamo a un’altra scala e sarebbe ora di cominciare a ricordarlo senza troppe nostalgie o rigurgiti nazionalisti.

Il tempo, al contrario, è ciò che ci interessa maggiormente e che sarebbe bene analizzare perché tirato in ballo da più parti e forse, perché protagonista principale di questa fase.

“C’è bisogno di avere il senso della velocità con cui le cose vanno nel mondo, che noi non abbiamo” Romano Prodi 15/02/2014

E’ la fretta, infatti,quella che ha accomunato la visione di tutti (protagonisti e spettatori) nell’ultima settimana. Ma procediamo con ordine. All’inizio della scorsa settimana un finto scoop di Alan Friedman ospitato sulle pagine corazzate del Financial Times e del Corriere della sera affonda il panorama politico italiano centrandone l’albero maestro: il vecchio e discusso presidente, Napolitano. I proiettili sparati dalla stragrande maggioranza della borghesia italiana, suggeriti dalla straordinaria partecipazione di De Benedetti, Prodi e Monti, altro non erano che cose note da un pezzo, dall’estate 2011 per l’esattezza, quella del cambio della guardia, del regime change Monti-Berlusconi. Che certe cose vengano riproposte al grande pubblico dei sudditi è elemento irrilevante, l’unico effetto sarà stato quello di rendere immobile un Napolitano già sufficientemente azzoppato. Certi giornali sono un grande strumento di dialogo tra poteri, ciò che sgocciola è quello che ci è dato sapere, in questo senso non è affatto casuale che nelle stesse ore in cui partivano le bordate il “nostro” Financial Times, Il Sole 24 ore, aprisse con una domanda franca quanto inquietante: “Il Fiscal compact non è lontano. Dove prenderà i soldi l’Italia nel 2016 per ridurre il debito di un ventesimo?

Con un Napolitano impossibilitato all’azione la difesa di Letta il giovane era di fatto indebolita. Cosa avesse poi sbagliato il fenomeno del Bilderberg proprio non possiamo saperlo. Sicuramente lo stile “montiano” non è prodotto facilmente vendibile a “certe latitudini”, se poi questo frutta un azione di governo scarsamente produttiva e troppo ancorata ai tatticismi parlamentari possiamo avere una risposta. Un’altra, indubbia, è che nessuno, in alto, vuole andare al voto. Troppa l’incertezza, spaventerebbe gli affari e l’estrazione di ricchezza da Paese. Per dirla come una battuta: Elezioni? Ma non diciamo sciocchezze firmata Napolitano solo qualche giorno fa. In questo modo avremo un governo nuovo con lo stesso Parlamento almeno fino al2018 se tutto fila secondo le “loro” previsioni. Tutto il resto: staffetta , non staffetta, mai al governo senza investitura elettorale, prima la legge elettorale poi le elezioni, fuffa per condire meglio la pillola.

“Solo un paese disperato, incapace di elaborazioni originali e senza alternative potrebbe essere ridotto al “proviamo con Renzi”.(Qua)

Ed eccolo il nuovo cavallo di razza sul quale puntano un po’ tutti. Se ancora qualcuno avesse dubbi sulla “bontà” del suo curriculum potrebbe tranquillamente dare un occhiata a questo (consigliatissimo)o a questo (leggermente dietrologico e americanoma che rende bene l’idea delle “frequentazioni” del personaggio). Dopotutto non si passa in meno di un lustro da sindaco di Firenze a Presidente del consiglio, in assenza di elezioni, se non si hanno sponsor sufficienti alle spalle.

“OMG Renzi ha alle spalle le banche!”

Cosa credevate che avesse, le gelaterie?

È così che è riuscito a scalare il PD tanto in fretta. C’est l’argent qui fait la guerre.

Tutta la sua fuffa nuovista è sempre stata completamente strumentale alla conquista della poltrona. I sondaggi gli hanno dimostrato che la riforma della legge elettorale e le elezioni si sarebbero trasformate in un boomerang, quindi Renzi ha scelto la scorciatoia: impallinare subito Letta personalmente. E precipitarsi al suo posto nel microonde del governissimo che lo brucerà, trasformandolo da rottamatore, a rottame.

È per questo che è stato allevato e ingrassato dai suoi sponsors: mangiare ed essere mangiato, cuocere coreograficamente in quel microonde – divorando tutto il contorno – finché, come Letta, non sarà rimpiazzato da un altro frontman.

È solo l’ennesimo cambiamento di facciata

La maggioranza sarà la stessa, quelle intese più o meno larghe che non sono state decise in Italia, e che quindi non possono essere cambiate in Italia. (Tratto da qua).

Se si dovesse tracciare un rapido identikit del “nuovo che avanza” sarebbero “fretta” e “frenesia” le parole più gettonate. Il suo slogan per una non-campagna elettorale composta da spettatori paganti era chiaro fin da subito: Adesso! Dopotutto le sue caratteristiche principali erano queste: la fretta di lasciare il segno e quella di distinguersi dai tempi logoranti della politica tradizionale. Nient’altro che un prodotto già confezionato e pronto all’uso. Chiunque, nel vederlo, avrebbe interiorizzato un “non so ché” di innovativo ma non già per i contenuti che sono un qualcosa di più complesso, ma per un ritmo, un semplice ritmo sempre più incalzante.

E’ a questo che serve il “nuovo che avanza” a “riformare” il Paese in chiave neoliberista senza troppe e inutili discussioni, bypassando vincoli e orpelli costituzionali o odiose e sediziose mediazioni sociali. Nel farlo dovrà correre e correre veloce perché la lista della Troika è lunga e dolorosa, dovrà far digerire a un popolo distratto le cose più sgradevoli senza che questo riesca a capire per tempo di cosa si sta trattando. Sarà una corsa contro il tempo, per nulla scontata perché se è vero che il “popolo” è bollito è anche vero che i “poteri clientelari” che da tempo soggiornano nelle istituzioni non sono facili da snodare. Sperare in resistenze parlamentari “democratiche” è puro spreco di fantasia viste le ultime performance e quanto rende uno sgabello in Parlamento. Saranno dolori perché la sostituzione di Letta preannuncia un cambio di marcia e saranno pochi e poco “istituzionali” coloro i quali si opporranno al nuovo corso.

“Cure” in stile Elettrolux (Davide Serra consigliere di Renzi ha già fatto capire da che parte stare), privatizzazioni, sfoltimenti nella pubblica amministrazione e ennesima riforma del mercato del lavorosono già tutte pronte, nascoste in qualche cassetto posto davanti al nostro futuro così come le tanto annunciate riforme costituzionali tutte tese ad integrarci all’interno di quel meccanismo di governance in vigore nella UE dove la democrazia è parola sospesa quando non del tutto assente.

Perché dunque stupirci? Non funziona forse così nell’Unione Europea? Dove se c’è una poltrona da riempire la si assegna calcolandone gli indici di “produttività” e di “efficienza” stando solo attenti a soppesare i vari interessi che vi gravitano attorno senza tante complicazioni “democratiche”. E le prerogative del Parlamento? Quali? Il Parlamento oggi in Italia serve quasi esclusivamente a ratificare i provvedimenti del Governo attraverso voti di fiducia a busta chiusa. Non c’è che dire ci stiamo integrando nell’Unione, uno Stato con scarse procedure di legittimazione democratica e nel quale potere legislativo ed esecutivo non sono affatto indipendenti visto che le leggi le propone la Commissione che ne è anche l’organo esecutivo.

Da questo punto di vista occorre sperare che Renzi si stampi contro qualche ostacolo o molto più semplicemente che fonda presto il motore.

Fast and Furious.

  

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