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Coronavirus e amministrazioni pubbliche

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La diffusione del COVID-19 con migliaia morti nel mondo e innumerevoli positivi in 114 paesi, con oltre 12 mila contagiati e 800 decessi ad oggi sul territorio nazionale, è ormai stata dichiarata come pandemia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, la quale prefigura purtroppo un’estensione ancora più dirompente.
Di fronte a questi allarmanti livelli di diffusione i provvedimenti messi in campo dal governo Conte col DPCM dell’8 marzo e quello successivo avrebbero dovuto dare una indicazione forte e una spinta alle varie amministrazioni ed enti pubblici ad attuare tutti quegli strumenti e quelle misure da adottare a salvaguardia e a tutela della salute dei lavoratori.
Prendiamo atto invece che tra intoppi burocratici e inefficienze amministrative ataviche, gli strumenti giuridici contrattuali come ad esempio lo smart working (lavoro agile) o coworking (lavoro presso altri uffici) o altre possibili flessibilità hanno grande difficoltà ad andare a regime, creando disagio e crescente panico tra i lavoratori e spesso le amministrazioni si limitano soltanto ad inviti ad utilizzare ferie residue o poco più, con una contraddizione palese tra generici appelli a rimanere a casa e contestualmente il prosieguo dell’attività lavorativa, come se il raggiungimento di obiettivi di produttività, in questa emergenza sanitaria, avesse maggiore importanza della tutela della salute pubblica dei lavoratori, della cittadinanza e della sanità tutta.
La Sanità Pubblica devastata da anni di privatizzazioni, con tagli ai servizi sanitari per 35 miliardi e con l’eliminazione di ben 70 mila posti letto, dispone oggi, come tragica conseguenza, di soli 5 mila posti letto in rianimazione, un numero ridicolo se raffrontato ai 28 mila offerti dalla Germania e ai 20 mila della Francia.
Chiediamo, quindi, con grande forza al Governo, che dovrebbe essere il primo garante della salute pubblica, di fare immediati e cospicui investimenti per potenziare il SSN e di intervenire immediatamente presso amministrazioni inadempienti e ritardatarie, per l’immediata operatività di tutti gli strumenti che favoriscano il lavoro a distanza dei lavoratori e che garantiscano la loro sicurezza sui posti di lavoro.
Chiediamo inoltre che gli uffici pubblici siano aperti solo per i servizi minimi essenziali, che gli uffici di apertura al pubblico siano ridotti al minimo e che il personale addetto abbia una rilevante riduzione oraria, con turnazioni, la massima flessibilità dell’orario di lavoro, con tutte le garanzie economiche, giuridiche e contrattuali per i lavoratori, con le cautele e le protezioni specifiche. Chiediamo inoltre che gli altri uffici, enti, ministeri che non erogano servizi essenziali vengano chiusi al più presto.
Se continueranno le inadempienze delle amministrazioni che non rispettano appieno la tutela del personale e non ci sarà una svolta concreta e il personale rimanga a casa, senza pregiudizio alcuno. metteremo in campo tutte le iniziative adeguate e le mobilitazioni nei vari territori, negli enti e nei settori.
Ed è chiaro che, siccome ci troviamo di fronte ad un gravissimo evento lesivo dell’incolumità, della sicurezza e della salute dei lavoratori come il COVID-19, se continua questo rimbalzare di competenze e di burocratismi, senza decise scelte di campo a favore dei lavoratori, non escludiamo la proclamazione di. uno sciopero nelle amministrazioni pubbliche, come da art. 40 della Costituzione e art. 7 comma 2, legge 146/90.

Cobas Pubblico Impiego

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