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Contro la guerra in Libia

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Dal 19 Marzo in Libia c'è una guerra. Una guerra nuova, che poco ha in comune con le rivolte che da dicembre attraversano il mondo arabo; una guerra che sa di vecchio, per le solite mistificazioni e per gli stereotipi che si porta dietro. Una guerra che quasi nessuno chiama col suo nome, preferendo, per non turbare l’opinione pubblica, espressioni come “no-fly zone” o “guerra umanitaria” o “sostegno Nato ai ribelli”. Come se le bombe delle Nazioni Unite o, peggio, della Nato, non avessero marca, padrone e fine strategico. Noi chiamiamo le cose con il loro nome, senza equivoci. Dal 19 Marzo in Libia è in corso un’aggressione coloniale verso uno Stato sovrano ad opera di paesi del blocco “occidentale”, sotto la guida di un gruppo di “volenterosi” dell’ONU prima e della Nato poi, che la  propaganda di guerra tenta di farci accettare chiamandolo intervento umanitario, invece che col suo nome: GUERRA. Non abbiamo alcuna simpatia verso Muammar Gheddafi. Da anni denunciamo i criminali accordi in materia di immigrazione con il governo italiano, che fino a pochi mesi fa additava il regime libico come un esempio da seguire in Medio Oriente. Abbiamo condannato un governo saldamente al potere da  43 anni, costruito su clientele e propaganda, grazie ai soldi che i paesi europei ed in particolare l'Italia gli hanno elargito per seppellire tra le dune del deserto quanti speravano di arrivare in Europa, alla ricerca del sogno di una vita migliore. Da anni denunciamo la folle politica energetica del nostro Paese, attuata dai governi tanto di destra quanto di sinistra, che perseguono gli interessi della nazionale Eni e non dei lavoratori italiani, che riducono i contributi alle fonti rinnovabili, sole, vento, acqua, così abbondanti in questa bella terra, pur di mantenere il Paese sotto la sudditanza delle multinazionali degli idrocarburi; che ci tengono ostaggio di dittatori folli e sanguinari, di politiche corrotte e di guerre di aggressione, tanto ad est quanto ad ovest, e invece progetta di finanziare progetti costosissimi per l’ingresso nei club dei Paesi nucleari, quando invece ormai tutti studiano il modo di uscirne coi minori danni possibili.

Da anni siamo impegnati, con tante compagne e compagni, nella lotta a fianco dei migranti, per il diritto di circolazione, il diritto al soggiorno, la tutela sanitaria, il lavoro e l'istruzione, ben consapevoli che LE DONNE E GLI UOMINI VALGONO MOLTO DI PIÙ DELLE MERCI E DEI CAPITALI, ma non si capisce perché debbano avere minori diritti; perché la logica della “tolleranza-zero”, proclamata dai padroni, non fa distinzione né di colore, né di residenza ma solo di reddito, come dimostra ogni giorno il bollettino di guerra delle morti sul lavoro o di mala sanità.

Ma, con la stessa fermezza, condanniamo questa aggressione, finalizzata non alla protezione dei “civili” ma alla penetrazione economica e politica in un’area notoriamente ricchissima di risorse naturali (petrolio, gas, acqua) attraverso bombardamenti con armi devastanti per le persone e per l’ambiente (proiettili all’uranio impoverito). Con la stessa fermezza denunciamo il silenzio complice di gran parte del movimento pacifista, che improvvisamente appoggia gli eserciti della Nato, addita l'Onu a paladina dei diritti dei popoli e delle garanzie internazionali, come se i palestinesi non fossero mai esistiti, e si cela dietro “l'emergenza umanitaria” dei migranti, pur di evitare che si parli di guerra. Con la stessa fermezza denunciamo che 20.000 migranti non possono essere un rischio per la sicurezza, l'economia, la società, né per l’Italia che solo nel 2008 ha accolto oltre 31mila persone, né per l'Unione Europea, i cui 27 paesi, nello stesso anno hanno accolto 1,5 milioni di persone. L'emergenza c'è perché il governo l'ha creata, come monito ai tunisini ed alla Tunisia (paese considerato meno “sviluppato” e “civile” ma che al momento sta accogliendo 163.000 profughi, senza suppliche internazionali o crolli psicotici) ed all’Europa, per chiedere fondi o maggiore tolleranza verso gli scivoloni della politica italiana e del Cavaliere. E, come al solito, per distogliere l'opinione pubblica da una gravissima crisi economica, dagli aumenti di gas ed energia, dalla riforma della giustizia, per commuovere il bacino elettorale della Lega, facendo passare Maroni, come il ministro responsabile, che deve accogliere i migranti e riformare la giustizia, per il bene del paese, mentre i fascisti verdi si improvvisano governatori responsabili e solidali.

NOI SIAMO CONTRO QUESTA GUERRA

1.  perché dalla Jugoslavia, all'Iraq, all'Afghanistan, dagli attentati epocali alle provette chimiche inventate non crediamo più nelle “guerre umanitarie”;

2.  perché l’unico modo per sostenere i processi di emancipazione in “Oriente” è smettere di pensare che gli “orientali” abbiano bisogno degli “occidentali” per diventare democratici, e sostenere il loro diritto a non essere più sfruttati dagli occidentali, per conquistarsi la forma di governo partecipativo che più li soddisfa;

3. perché  per creare partecipazione democratica occorre una solidarietà internazionale fatta di fiducia e pensiero critico, e l'unica azione diretta che possiamo fare in “Occidente” è la forte azione di dissenso e contrasto delle politiche imperialiste delle potenze mondiali;

4. perché non crediamo alle potenze occidentali che evitano una soluzione diplomatica, non esercitando realmente i mezzi finanziari a loro disposizione, precipitandosi a bombardare dittatore e rispettivo popolo per “esportare democrazia” e “difendere diritti umani”, mentre lasciano trucidare dai propri burattini locali i popoli dello Yemen, del Bahrein ed assistono impassibili, da più di sessanta anni,  al martirio del popolo Palestinese;

5. perché non crediamo che i diritti civili siano neanche vagamente nella mente di governi, generali ed eserciti francesi, inglesi, americani, e tanto meno nostri, che creano emergenze disastrose a Lampedusa, abbandonando al loro destino migranti, richiedenti asilo e cittadini italiani coinvolti, che attuano rimpatri arbitrari ed illeciti, non curandosi del diritto all’asilo politico o umanitario; che criminalizzano i migranti in quanto tali, fomentano a fini politici il razzismo e le guerre tra poveri, e non garantiscono il diritto alla libera circolazione degli esseri umani.

6. perché, questa guerra può solo complicare la situazione locale, rafforzare i sentimenti anti-occidentali ed interferire nelle dialettiche interne al popolo libico;

7. perché l'avamposto della Nato in Libia non proteggerà né gli abitanti di Bengasi né gli abitanti della Cirenaica, ma dividerà la Libia esattamente come ha diviso l'Iraq,  l'ex Jugoslavia e la Palestina. Con la benedizione dell'ONU servirà a svenderne le risorse per portare profitti in occidente, forse anche in oriente ma di sicuro molto lontano dai libici, e potrà controllare da vicino i processi e i movimenti politici di rinnovamento del Maghreb e del Mashrek, nel caso che qualcuno paventi soluzioni alternative nella gestione delle risorse idriche ed energetiche o nello smaltimento dei rifiuti della ecologica fortezza Europa;

8. perché all'Italia in questo frangente tocca la parte più squallida: siamo il paese che per cinquanta anni è stato il partner economico privilegiato della Libia, fornendo armi e ricevendo petrolio da Gheddafi. Una lunga partnership non di certo inventata dall'attuale governo, ma che Berlusconi, nel suo stile, ha portato a livelli di pantomima mediatica, fino all'estremo dell' imbarazzante baciamano a Gheddafi, sostenendo il Raìs nella riabilitazione internazionale della sua immagine. Siamo un paese che fino all'altro ieri non aveva alcun interesse a fare la guerra alla Libia, il cui presidente ed il cui ministro degli esteri hanno espresso fino all'altro ieri fiducia e solidarietà incondizionate a Gheddafi, e che solo il giorno dopo, dando il Raìs ormai per spacciato, in base ad un calcolo politico della cui intelligenza è legittimo dubitare, decide il voltafaccia per assicurarsi un ruolo nel dopo-Gheddafi, probabilmente anche cedendo a pressioni internazionali, data la vicinanza strategica delle nostre basi.

9. perché saremo noi, lavoratrici e lavoratori, a pagare anche questa guerra, dopo il malgoverno e le speculazioni finanziarie, con l'aumento della benzina, dell'elettricità, delle bollette e di tutti i beni che acquistiamo ogni giorno, mentre i nostri salari rimarranno inalterati, come lo sono stati in questi anni in cui abbiamo finanziato a fondo perduto gli accordi che i nostri governi hanno stipulato con Gheddafi e gli altri dittatori dell'area, considerandoli grandi alleati dell'Italia sulla sponda africana.

NO ALLA GUERRA!  NO AL RAZZISMO!  NO AI  LAGER ED AI RIMPATRI FORZATI! PER L'ACCOGLIENZA, I DIRITTI E LA LIBERA CIRCOLAZIONE DI TUTTE/I!

 

Comitato Antirazzista Cobas                                                                             cobasantirazzista@libero.it