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Lettera aperta sul reclutamento del personale tecnico amministrativo, docenti e ricercatori

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Al Rettore dell’Università del Salento
Al Direttore Generale
Ai componenti del Senato Accademico
Ai componenti del Consiglio di Amministrazione
Alla comunità accademica

La recente attribuzione all’Università del Salento del finanziamento ministeriale di n.18 posti di RTD b) ha messo in evidenza il miglioramento della performance del nostro Ateneo nel corso del 2018. A ciò si deve aggiungere quello che appare come un mutato orientamento del Governo in carica in merito alla necessità di invertire la rotta degli ultimi decenni, prevedendo, anziché tagli per i settori della conoscenza, un consistente e progressivo aumento dei finanziamenti.
In questo quadro, che potrebbe ispirare un qualche ottimismo, riteniamo che siano necessarie delle scelte coraggiose ed espansive in tema di reclutamento anche da parte degli Organi di Governo di Unisalento. Tanto tenuto conto che solo investendo in risorse umane si può assicurare all’Ateneo salentino una crescita sostanziale.
Un altro dato non trascurabile è quello dei pensionamenti, incrementato dall’introduzione della cosiddetta “quota 100”.
Nel 2018 sono stati collocati a riposo: n. 12 proff. Ordinari, n. 2 Ricercatori a Tempo Indeterminato, n. 11 unità di PTA (di cui: n. 3 di Categoria EP, n. 6. Cat. D, n. 1 Cat. C e n. 1 Cat. B).
Nel 2019 è previsto che siano collocati a riposo: n. 14 proff. Ordinari, n. 4 proff. Associati e n. 14 unità di PTA (di cui: n. 3 Cat. EP, n. 4 Cat. D, n. 7 Cat. C).
Come si evince, tra il 2018 ed il 2019 verranno meno negli organici dell’Università complessivamente n. 57 unità così distribuite: n. 26 proff. Ordinari, n. 4 proff. Associati, n. 2 Ricercatori a Tempo Indeterminato, n. 25 PTA. Un totale dunque di n. 37,4 Punti Organico (di cui 29,8 per cessazione personale docente; 7,6 per cessazione PTA). Ai predetti Punti Organico disponibili si devono aggiungere quelli degli anni precedenti e sottrarre quelli già investiti o che si deciderà di utilizzare. Per quanto concerne il PTA si decise a suo tempo di stanziare 5,6 Punti Organico per il triennio 2018/2020. Di questi 2 sono stati utilizzati per il percorso di stabilizzazione n. 3,40, con un saldo quindi di 2,20 ancora disponibili, cui vanno ad aggiungersi i 7,60 Punti Organico liberatisi (o da liberarsi) a seguito delle cessazioni 2018/2019, per un totale di 9,80 Punti Organico. È nota a tutta la comunità universitaria la carenza di personale T/A, tale da non garantire in ogni circostanza il raggiungimento dei massimi standard di efficacia ed efficienza dei servizi, e ciò ha indubbiamente ricadute negative anche sul piano dell’attrattività che il nostro Ateneo può offrire.
Riteniamo pertanto che gli Organi di Governo dovrebbero avviare una consapevole politica del personale che punti a potenziare gli Organici di tutti i ruoli.
Per quanto riguarda il PTA si dovrebbe incominciare con la trasformazione di n. 3 contratti part time all’83% e di n. 18 al 66% ad oggi in essere, portandoli al regime di full time. Questa operazione, doverosa anche per restituire piena dignità professionale ai lavoratori coinvolti, comporterebbe l’impegno di appena 1,76 Punti Organico. Ne rimarrebbero così 8,04, che potrebbero essere utilizzati per la programmazione del turnover che attualmente è consentito al 100% della normativa vigente.
Conseguentemente si potrebbero esperire le varie forme di reclutamento: scorrimento di graduatorie ancora valide, nuovi percorsi di stabilizzazione per alcuni precari storici anche al fine di risolvere possibili casi di contenzioso in atto, nuovi concorsi con riserva di posti per il personale interno ai fini delle progressioni di carriera.
Ma la maggior parte delle risorse dovrebbe essere destinato ad affrontare la piaga del precariato storico della ricerca. Nuove opportunità (oltre il Piano straordinario ministeriale che prevede 18 posti di RTD b) dovrebbero essere offerte ai Ricercatori a Tempo Determinato di tipo A (legge n. 240 del 2010) ai limiti dell’espulsione dal sistema universitario e già in possesso di Abilitazione Scientifica Nazionale, nonché agli Assegnisti di ricerca di lungo corso in possesso di Abilitazione Scientifica Nazionale.
Una linea politica di questo genere comporterebbe, a nostro avviso, anche notevoli economie sulle spese per gli Assegni di Ricerca e i Contratti attivati dai vari Centri di spesa per far fronte alle attività più svariate. E porterebbe a considerare i precari storici non come un problema, ma come una risorsa per l’Università.
In merito alla distribuzione dei nuovi posti di Ricercatore a tempo determinato di tipo B, assegnati dal Piano straordinario ministeriale con D.M. n. 204 dell’08.03.2019, riteniamo pertanto opportuno:
1. che la programmazione presentata lo scorso anno (2018) dai Dipartimenti, in seguito alla emanazione del D.M. n. 168 del 28 febbraio 2018, resti ferma nel caso di quei SSDD la cui richiesta non sia stata già soddisfatta nella precedente tornata. Tanto in considerazione del fatto che in pochi mesi la situazione dei SSDD è soltanto andata peggiorando, anche in seguito al pensionamento di personale docente strutturato e alla conclusione di numerosi contratti di Ricercatore a Tempo Determinato di tipo A;
2. che nell’assegnazione ai SSDD dei nuovi n. 18 posti si tenga conto della presenza di precari storici in possesso di Abilitazione Scientifica Nazionale, in particolare di Ricercatori a Tempo Determinato di tipo A di 5 e 3 anni, espulsi dall’organico d’Ateneo tra 2018 e 2019 e vicini al limite massimo di 12 anni stabilito per legge.
Da un lato, dunque, il criterio della presenza del precariato storico, in particolare di 3 RTD a) 5 e 3 anni, appare imprescindibile se si pensa alla recente ordinanza del «TAR Lazio, Sede di Roma, che ha adottato, nel ricorso proposto dall’avv. Federico Dinelli, difeso da se stesso e dall’avv. prof. Giuliano Grüner, diretto alla stabilizzazione dei ricercatori precari, l’ordinanza n. 4336 del 3 aprile 2019 di rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione affinché quest’ultima si pronunci sulla compatibilità della normativa nazionale in materia di reclutamento dei ricercatori universitari con il diritto dell’Unione» 1 . Le conseguenze di questa importante ordinanza arrivano sino all’Università del Salento. Si fa infatti presente che 2 precari di lungo corso, nonché Ricercatori a Tempo Determinato di tipo a) per 5 anni presso l’Università del Salento, difesi dall’avv. Federico Dinelli, hanno presentato analogo ricorso per la stabilizzazione.
Onde evitare dunque ulteriori possibili ricorsi e spese per l’Università del Salento, considerando la platea di 86 RTD a) assunti dal 2013 ad oggi (11 dei quali in servizio come Ricercatori per 5 anni), si potrebbero utilizzare i 18 posti RTD b) assegnati dal Piano straordinario per avviare una fase di assorbimento del precariato storico. Tale richiesta viene motivata anche da un dato: solo il 13% degli RTD a) che hanno prestato servizio presso l’Università del Salento hanno avuto la possibilità di diventare RTD b), solo 1 dei quali in servizio come Ricercatore per 5 anni (come riscontrabile dall’analisi sul precariato dell’Ateneo salentino che alleghiamo alla presente lettera).
Dall’altro, l’importanza del criterio dell’Abilitazione Scientifica Nazionale risulta evidente se si tiene conto che il numero di Ricercatori a Tempo Determinato di tipo B già in possesso di ASN, tra quelli in servizio presso l’Ateneo, ha determinato il numero di 18 posti RTD b) assegnati dall’ultimo D.M. n. 204 dell’08.03.2019.
Scelte basate su analoghi criteri, anzianità di servizio ed elevata qualità scientifica, potrebbero essere compiute anche per gli altri ruoli del mondo accademico, investendo le risorse finanziarie e i Punti Organico disponibili a seguito delle cessazioni per consentire le progressioni di carriera di Ricercatori e proff. Associati di lungo corso e in possesso da tempo di Abilitazione Scientifica Nazionale.
Si allega analisi relativa ai Ricercatori a Tempo Determinato di tipo a) e b), in servizio tra 2010 e 2019 presso l’Ateneo salentino.

Lecce, 17 aprile 2019

COBAS UNISALENTO