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Italia, Repubblica fondata sulla famiglia… e sull’ignoranza in tv

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Non passa settimana, da qualche tempo in qua, in cui L’eredità non susciti scandalo. Scandalo si fare per dire; diciamo che il quiz di Carlo Conti fornisce materiale alla stampa, nutre i pettegolezzi, determina occasioni di stupore e riflessione. Poco prima di Natale, alcuni concorrenti del programma di Rai1 – come sempre il frammento è recuperabile su YouTube –  non avevano saputo collocare nella cronologia fornita personaggi come Hitler e Mussolini.

Qualche giorno fa, invece, un tizio con l’immagine da nerd ha partorito la “perla” dell’Italia che, a detta sua, sarebbe una repubblica fondata sulla famiglia. Bisogna anche capirlo, povera stella: il lavoro non c’è neppure a cercarlo con il lanternino e girano a piede libero tanti esaltatori della famiglia uomo-donna-bambini, solitamente gli stessi che vorrebbero stravolgere la nostra bella carta costituzionale.

In sessant’anni di televisione, mentre Baudo e Vespa si strappano rispettivamente il parrucchino e i pochi capelli superstiti a proposito di un mancato invito a Porta a porta, dobbiamo prendere atto della profonda involuzione culturale che caratterizza gran parte dei programmi in onda.

Persino Mike Bongiorno, l’everyman per eccellenza sulla cui fenomenologia si applicò con autorevolezza il semiologo Umberto Eco, si preoccupava di mandare in onda a Lascia o raddoppia? come al Rischiatutto concorrenti esperti nelle rispettive materie. Gente come Inardi, Marianini (con tre lauree), la Longari divenivano personaggi e, fossero pure conoscitori di letteratura erotica come Pierangela Vallerino, dovevano superare esami severi prima di approdare davanti alle telecamere.

Più o meno alla stessa ora e sulla medesima rete di Conti, negli anni Ottanta furoreggiava Parola mia di Luciano Rispoli, con un professore di Storia della lingua italiana (Gian Luigi Beccaria) come giudice-arbitro e studenti in grado di fronteggiare domande su etimologie, definizioni, testi letterari. Erano quiz tradizionali, in cui per sperare di vincere si doveva dimostrare di sapere. Altri tempi, altri scrupoli.

L’Eredità o Avanti un altro di Paolo Bonolis su Canale5sono game show, in cui conta solo la fortuna e una buona dose di fango da spalmarsi sulla faccia. E con la clamorosa operazione di professionalizzazione delle incompetenze in atto, a nessuno interessa più mostrare le eccellenze.   

di Mariano Sabatini